Molti cantastorie, intenditori della criminalità organizzata, non difettano certo di una spiccata intelligenza. Questo loro pregio si rivela non di rado ed emerge specie quando si cimentano a scrivere libri. In essi riassumono il contenuto di relazioni, di dossier e di scritti di altri autori. Mettono così insieme opinioni e tesi altrui concordi o contrastanti. Non si preoccupano di connetterle con il risultato di nuove ricerche e di conclusioni a cui essi siano giunti. Al contrario, presumono di essere riusciti a fare di un cocktail di elementi eterogenei e spesso contrastanti una propria scoperta, una propria originale e coerente invenzione.
Nei loro scritti sull’onorata società riassumono relazioni e dossier e raccontano così fatti e misfatti dell’associazione criminale. In qualche libro spiegano che la ‘ndrangheta è cresciuta, ha un proprio differente apparato: verticistico nella provincia di Reggio Calabria ed esteso in orizzontale nelle altre province calabresi. Ha particolari caratteri, si è irrobustita e arricchita padroneggiando il traffico di droga proveniente dalla Colombia e da altri stati del centro america. Constatano che ha esteso i suoi tentacoli e conduce loschi affari in stati e città non solo europee; che muove e ricicla enormi quantità di denaro destinato poi ad essere investito in attività legali.
In altri libri, altri autori descrivono le realizzazioni e i progressi delle altre sette criminali.
Con riassunti del genere molti mafiologi arricchiscono di dettagli ciò che si conosce da tempo. Quando si spingono oltre il racconto e il resoconto, arrancano, fanno il cocktail mettendo insieme tesi e opinioni eterogenee e spesso contrastanti. Se cercano di spiegare le origini dell’organizzazione criminale e le cause della sua affermazione, raccolgono e riferiscono quanto s’è detto finora. Spiegano quindi che l’onorata società è nata nell’Ottocento ed è cresciuta dopo l’Unità d’Italia e che a causare la sua nascita e il suo progresso sono state le condizioni socio-economiche. Mettono così insieme tesi e spiegazioni che vanno di moda e riscuotono credito essendo state sostenute nel tempo da non pochi autori. Si conformano a quelle tesi e a quelle opinioni che sono prevalenti e, forse perciò, le più accreditate, e trascurano di tenere conto di altre tesi e di altre dimostrazioni. Che la setta criminale sia nata nell’Ottocento è una tesi prevalente, condivisa da molti autori, ma contestata da altri. È stato infatti pure sostenuto che l’onorata società è nata secoli prima e non è nata nel Mezzogiorno d’Italia, ma in Spagna. A determinarne il radicamento nel Mezzogiorno non furono le condizioni socio-economiche, ma fu al contrario un atto costitutivo: sull’esempio di una setta spagnola, nacque in Italia l’onorata società con propri statuti e un proprio modo di essere consono con le condizioni sociali e ambientali del Mezzogiorno d’Italia.
Questa tesi è fuori del coro e contrasta radicalmente quella dominante. Ma gli autori di scritti sulla onorata società continuarono a recepire e a riferire la tesi dominante e accreditata e trascurarono di tenere conto di quella opposta, che ne contraddiceva radicalmente il contenuto. Spiegarono che la setta criminale nacque nell’Ottocento dalle condizioni socio-economiche. Arlacchi P. fa nascere la ‘Ndrangheta dalle coltivazioni di ulivi prevalenti nella piana di Gioia Tauro. Tanti autori mostrano così di essere capaci di raccontare solo il contenuto di idee e di tesi altrui e di riassumere relazioni e dossier. In questa impresa non sono certo a corto della tenacia di restare sulle proprie posizioni. Un autore inglese, John Dickie, ne è un esempio. Recepisce le tesi sostenute da molti autori in Italia, ne fa il riassunto e spiega ripetendo che la camorra napoletana, la mafia siciliana e la ‘ndrangheta calabrese nascono nell’Ottocento, insieme con lo stato italiano. In oltre 350 pagine, oltre 100 pagine di indicazioni bibliografiche, riassume la tesi prevalente in Italia e ripetuta in molte versioni. Racconta alcune attraenti storielle tratte qua e là da numerose fonti edite e inedite, di cui sono colmi numerosi libri e documenti. Spiega e conclude che l’associazione criminale è nata nelle prigioni nei decenni precedenti l’Unità d’Italia e si è affermata e sviluppata nel secolo che va dal 1861 a oltre il 1950. Non ammette che si possano dare altre spiegazioni. Anzi – sostiene – tutto ciò che si sia potuto dire a proposito della setta, delle sue origini, dei suoi fondatori Osso, Mastrosso e Carcagnosso, è pura invenzione, inaccettabile favola escogitata da qualche sprovveduto allo scopo di procurarsi un alibi. Fonda queste sue spiegazioni su tesi altrui trite e ritrite da decenni e sulle opinioni di qualche storico socialisteggiante o di qualche magistrato. L’inglese Dickie ripete che l’onorata società è nata nell’Ottocento e presume di averne così scoperto le origini e di avere individuato i colpevoli della sua esistenza, cioè coloro che sapevano dei suoi crimini e non ne fecero nulla.
I racconti di Dickie come quelli di altri autori sono la ripetizione di fatti e misfatti conosciuti da tempo e raccontati, detti e ridetti da storici e magistrati. Non emergono dall’esame di nuovi dati, da fatti e documenti finora ignoti. Sono episodi e storielle tratte da libri e da documenti concernenti l’associazione mafiosa, i suoi protagonisti e i loro delitti, di cui sono colmi numerosi libri e dossier giacenti nelle biblioteche e negli scaffali di caserme e di procure.
Questa tesi di Dickie, come quelle di molti altri autori, si accompagna a un susseguirsi di racconti di cronaca giudiziaria, di processi, di fatti criminosi, di pettegolezzi, abbondanti in decine di libri sull’onorata società. Oltre a questo, non c’è altro. Alle inutili e superflue domande che egli si pone, ritenendole di fondamentale importanza, risponde raccontando e riferendo fatti noti. «Chi ha commesso determinati reati? Chi sapeva e che cosa sapeva?» si domanda Dickie, ma risponde raccontando e riportando storielle e fatti noti da molto tempo prima che lui si occupasse del tema.
Come queste risposte e queste spiegazioni sono tutte quelle contenute in quasi tutti i libri che da oltre un secolo si scrivono sulla criminalità organizzata. In essi si ricalcano tesi, racconti, fatti, detti e ridetti e tutti uguali nella sostanza.