Si è verificato oggi, 14 settembre 2013, l’ennesimo afflusso di immigrati. In 24 ore, circa 500 profughi e non, provenienti dalla Siria, sbarcarono sulle coste della Calabria e della Sicilia. Due giorni dopo ne seguirono altri mille provenienti dall’Africa. Si aggiungono ai milioni di altri immigrati che sono già sul territorio italiano, giunti da ogni parte del mondo.
E’ possibile proseguire su questa strada? Dove si giungerà fra non molto?
Certo in Siria, come in molti altri paesi non solo mediorientali e africani, ci sono disordini, guerre civili, rivoluzioni e persecuzioni, e da quei paesi molti profughi giungono in Italia e in Europa. E’ gente che cerca riparo ed è giusto che profughi e perseguitati siano accolti.
C’è da chiedersi: in quei paesi disordini e guerre civili si verificano solo ora e negli ultimi decenni o si verificavano anche prima?
In quei paesi disordini e guerre si verificarono in ogni epoca e, sempre, fuggiaschi e perseguitati si arrangiarono, restarono nei loro paesi e subirono. Anche nei paesi in cui non c’erano guerre e rivoluzioni, coloro che erano afflitti dal disagio, dalla povertà e dalle ingiustizie se ne stavano in patria a cogliere i frutti del loro lavoro o a soffrire le conseguenze dell’infingardaggine loro o dei loro antenati. Oggi, fuggiaschi, perseguitati e poveri vanno dove vogliono e possono, guidati dalla persuasione introdotta dalla globalizzazione, dall’imperante cosmopolitismo, secondo cui la Terra è di tutti e tutti possono appropriarsi dei frutti delle fatiche altrui. Milioni di loro vengono in Italia e in Europa, dove trovano asilo. Vengono dove sanno che si può entrare facilmente, che non ci sono barriere che impediscano il loro ingresso. Non vanno nei paesi che si difendono alzando barriere e ponendo limiti alla loro invasione. E questi limiti non li pongono solo alcuni paesi europei e americani, ma alcuni paesi africani chiudono o limitano gli accessi a immigrati europei e occidentali che, in passato, in qualità di professionisti e di tecnici, hanno istruito i loro abitanti e li hanno guidati sulla via del progresso. In Mozambico le autorità non rilasciano più visti neppure agli antichi colonizzatori portoghesi che, spinti dalla crisi che affligge l’Europa, si recano là in cerca di lavoro. E non li rilasciano perché gli immigrati, che furono in passato loro istruttori e guide, si son fatti troppi: molti sono clandestini, entrano in Mozambico da turisti, vi restano da clandestini e rubano il lavoro agli abitanti del luogo. Per questo motivo, il turista che voglia ottenere il visto d’entrata per visitare il Mozambico deve mostrare d’avere tre mila euro sul conto corrente.
In Italia specialmente barriere e restrizioni si sono rivelate inefficaci. Gli immigrati entrano via terra e via mare e vi restano accrescendo l’esercito dei clandestini che sono difficilmente individuabili e perseguibili. Gli immigrati, che dichiarano di essere profughi, sono accolti senza limitazioni. La Costituzione italiana è chiara e inequivocabile nel prescrivere l’obbligo di accogliere i profughi e nessuno si può neppure sognare di non osservare la norma che prescrive quell’obbligo. E di fronte alla constatazione dell’ininterrotto afflusso di immigrati profughi o no che può far temere sovrappopolamento e sconvolgimento sociale, nessuno può accennare neppure al ricorso di un qualsiasi efficace provvedimento.
Il ministro dell’interno, al corrente come tutti gli italiani dello sbarco di 500 immigrati avvenuto sulle coste calabresi e siciliane il 14 settembre 2013, indica l’obbligo degli immigrati di osservare e rispettare le leggi italiane come gli italiani accolgono e rispettano loro.
Ci domandiamo: constatando l’incessante afflusso di immigrati e le pericolose conseguenze che ne possono derivare in paesi angusti come l’Italia, ci si può limitare a dire solo quello che ha detto il ministro, a indicare cioè qualche obbligo? Basta quello che ha detto il ministro per dare risposta ai quesiti che fa nascere un’esigenza fondamentale di sopravvivenza? Basta indicare l’obbligo di rispettare le leggi della Repubblica per sopperire all’assenza di qualche provvedimento? Ci mancherebbe che si potesse mettere in dubbio una verità lapalissiana come quella di dovere rispettare le leggi, che tutti sono tenuti a osservare! La Costituzione italiana prescrive che “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi” (art. 54). Ma anche se tutti gli immigrati rispettassero le leggi della Repubblica, a nostro avviso, il loro numero in continuo aumento e il loro diverso ed eterogeneo modo di vivere non cesserebbero certo di essere fattori di sovvertimento e di distruzione dell’esistente.
Non si può certo omettere di tenere conto dei diversi aspetti della realtà. Gli italiani e molti europei e occidentali, è vero, non sono più quelli di un tempo. Il benessere degli ultimi decenni ha influito sul loro costume e modo di vivere e di sentire. Sono cresciuti i loro vizi. Dagli anni settanta del novecento le eccessive spese pubbliche e private hanno creato eccessivo debito e conseguente scarsezza di disponibilità e di investimenti e mancanza di lavoro. Le aziende grandi e piccole falliscono e le fabbriche chiudono i battenti. Dopo anni di grassa, molti italiani emigrano, come facevano i loro nonni. Molti rifiutano il lavoro che reputano pesante, non praticano più l’artigianato e altri nobili e creativi mestieri, rifuggono dalla fatica e dal gravoso impegno e creano un vuoto di manodopera e la necessità di colmarlo con l’immigrazione. La situazione che s’è creata in Italia ha reso utile l’apporto di manodopera straniera. Ma il disordinato afflusso di milioni di immigrati avvenuto in qualche decennio può ritenersi insopportabile. Il territorio dell’Italia e di altri paesi europei è angusto e le loro risorse e la loro capacità produttiva sono limitate e non possono contenere e mantenere un numero eccessivo e in parte improduttivo di abitanti senza crollare. Si può dunque continuare ad accogliere immigrati, profughi e non?
E’ giusto che si accolgano coloro che cercano rifugio. Ma quanti? Quanti possono essere accolti in paesi come l’Italia? Non certo gli oltre sette milioni di regolarizzati e gli altri molti milioni di clandestini!
E allora cerchiamo di vedere che cosa si possa modificare e correggere per correre ai ripari. Smettiamola di continuare con il giochetto che si è protratto finora e che sta portando il paese alla completa estinzione di quel che è rimasto del passato.
Quando, via terra o via mare, giungono immigrati che si dichiarano profughi, in Italia nessuno può far nulla per limitarne l’afflusso, se non elemosinando per l’ennesima volta l’aiuto dell’Europa e la sua collaborazione a sopportare il peso. Aiuto e collaborazione che non sono mai venuti.
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici [eccetto i delitti di genocidio]”. E’ quanto recita la Costituzione italiana nell’articolo 10, terzo e quarto comma.
La Costituzione varata nel 1948 è una legge fondamentale moderna e contiene princìpi sublimi. I costituenti che l’hanno pensata ed elaborata di comune accordo componevano, nella loro diversità, un manipolo di galantuomini, competenti e onesti e provati dalle avversità. Si può dire che erano il meglio che allora il paese esprimeva e diedero il meglio di sé. Tranne i più giovani, quasi tutti loro erano stati fuorusciti che avevano trovato rifugio in altri paesi e avevano così scampato alla persecuzione e alle prigioni del regime che vigeva in Italia. In tutto, quegli esuli erano poche decine o centinaia. All’estero avevano trovato la salvezza. Quando in Italia cambiò il vento ed essi tornarono e divennero legislatori, avevano fresco il ricordo dell’esperienza vissuta. Trasferirono nella Carta costituzionale l’obbligo che sentivano verso se stessi di dovere restituire quanto avevano ricevuto. Concordarono e fissarono nella Costituzione che il paese aveva l’obbligo di accogliere profughi, rifugiati e fuorusciti che vi giungessero per trovare riparo. Fu un atto con cui appagarono il proprio senso umanitario e la propria coscienza di liberali e democratici prescrivendo di fare agli altri quantomeno quello che essi avevano vissuto e ricevuto.
Molti costituenti sapevano che cosa significasse cercare e trovare rifugio per scampare alla persecuzione e alla punizione in patria. Erano stati accolti e ospitati e fecero di tutto per prescrivere nella Costituzione accoglienza e ospitalità per profughi e perseguitati. Ma quei costituenti avevano in mente l’ospitalità che un centinaio di loro aveva ricevuto e immaginavano che altrettanti individui perseguitati e profughi dai loro paesi potessero avere la stessa necessità di ricovero. In base all’esperienza che avevano fatta, si riferivano dunque a qualche centinaio di esseri umani in difficoltà, perseguitati e in cerca di salvezza, come erano stati loro. Non supponevano certo che le condizioni di individui e di popoli e i rapporti umani nel mondo terracqueo sarebbero presto cambiati. Non immaginavano che in un mondo globalizzato qualche miliardo di individui si sarebbe messo in movimento per spostarsi specialmente dai paesi poveri a quelli ricchi. Non immaginavano che, in qualche decennio, l’afflusso di immigrati, perseguitati e non, sarebbe stato in Italia e in Europa di milioni di individui in cerca di benessere. Fissarono quella norma nella Costituzione pensando a un paese riconoscente che avrebbe potuto generosamente accogliere qualche centinaio di profughi. Potevano immaginare che profughi e immigrati vari sarebbero stati circa sette milioni esclusi i clandestini in qualche decennio a cavallo tra novecento e duemila solo in Italia?
Se i costituenti avessero potuto prevedere quel che sarebbe successo nel mondo, avrebbero concordato e prescritto quella norma? No, non l’avrebbero neppure discussa. Non avrebbero prescritto di spalancare le porte a milioni di immigrati di ogni razza e colore, profughi e non, che potessero invadere e sommergere l’Italia e l’Europa e sovvertire tradizioni, identità e civiltà.
Quei costituenti erano galantuomini, provati dalle avversità e dalle ingiustizie, e avrebbero tenuto conto del danno che avrebbe potuto ricevere il paese dalla norma che essi stavano per inserire nella Costituzione. L’onestà e la rettitudine di quegli uomini non avrebbero permesso loro di danneggiare il proprio paese prescrivendo l’accoglienza di milioni di individui il cui numero e la cui presenza avrebbero sovvertito lentamente l’esistente, tradizioni, storia, costumi e modi di essere e di vivere. Quei costituenti avrebbero secondato la propria coscienza e l’interesse del proprio paese e dei propri concittadini e non la convenienza elettorale e settaria dei propri partiti di appartenenza, come fanno oggi molti politicanti che badano solo ai voti da reclutare e assassinano quel che resta del proprio paese. Non affiderebbero certo un ministero, e specialmente quello dell’immigrazione, a gente che non sa nulla, o sa molto poco, del passato e del presente dell’Italia e degli italiani. Se la Carta costituzionale da loro voluta ed elaborata si fosse rivelata in contrasto con le esigenze del paese e con gli interessi dei propri concittadini; se avessero scoperto che in parte fosse superata dagli eventi, quei costituenti non avrebbero esitato a modificarla e a sostituirla, come hanno fatto con lo Statuto albertino. Non avrebbero fatto quel che fa oggi molta parte del ceto politico che mira solo a impinguarsi di voti.